Giuseppe Stefanachi, artigiano di Matera, è una di quelle figure che non ti aspetti, che ti colpisce all’improvviso come lo spiffero di aria fredda nel collo, o la luce dalla fessura della persiana che ti prende nell’angolo dell’occhio. Rassegnati al rumore di fondo delle persone con cui abbiamo a che fare nel quotidiano, che ascoltiamo il più delle volte con mezzo emisfero alla volta, un po’ come fanno i delfini quando dormono, non appena inizia a parlare tocca girarsi e prestare attenzione a quello che dice. E se si sanno cogliere le sassate che butta qua e là tra i motti di spirito c’è davvero da divertirsi.

Quando illustra l’utilizzo dei fischietti ad acqua (o vino) chiarisce come anche in questo campo sia vigente la legge del chi ce l’ha più grosso (nel senso di dote ovviamente), ovvero che quest’ultimo avrà maggiori possibilità con la famiglia della donna richiesta in sposa.

Una cosa in particolare ha colpito la mia attenzione. Giuseppe, come nelle migliori tradizioni popolari maestro-allievo, sta acquisendo, al fine di tenere in vita una conoscenza secolare, l’Arte di intagliare nel legno un particolare tipo di collare. Quello a cui è appeso il campanaccio delle vacche (non si dice “mucca”) di razza “podolica”. Questo termine trae origine dalla “Podolia”, regione dell’attuale Crimea da cui sembra siano giunti i primi capi con le invasioni degli Unni. La caratteristica principale che contraddistingue l’allevamento podolico è data dal fatto che i capi di bestiame sono alimentati al pascolo brado o semi-brado ed eventuali integrazioni in azienda, dove vengono somministrati foraggi a complemento dell’alimentazione che l’animale si procura da sè.

Durante la transumanza, che può portare il gregge a percorrere anche più di 60 km, al collare della vacca “alpha” – come quello visibile nelle immagini – viene, appunto, appeso un campanaccio spropositato in modo che possa guidare le sue amichette.

Qualora voleste saperne di più, vi consiglio questo bel video di Geo “Antiche storie di Lucania”.